ANDREA ZANZOTTO


ELEGIA PASQUALE


Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov'è il crudo preludio del sole?
e la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l'agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti

E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l'esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane

Discrete febbri screpolano la luce
di tutte le pendici della pasqua,
svenano il vino gelido dell'odio;
è mia questa inquieta
gerusalemme di residue nevi,
il belletto s'accumula nelle
stanze nelle gabbie spalancate
dove grandi uccelli covarono
colori d'uova e di rosei regali,
e il cielo e il mondo è l'indegno sacrario
dei propri lievi silenzi.

Crocifissa ai raggi ultimi è l'ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.















***

LA VITA SILENZIOSA

I

Sediamo insieme ancora

tra colli, nella domestica selva.

Tenere fronde dalle tempie scostiamo, soli e cardi e vivaci prati scosto

da te, amica. O erbe che salite verso il buio duraturo, verso qui omnia vincit.

E venti estinguono e rinnovano a ogni volgere d’ore e d’acque le anime nostre.

Ma noi sediamo intenti

sempre a una muta fedele difesa. Tenera sarà la mia voce e dimessa ma non vile,

raggiante nella gola

- che mai l’ombra dovrebbe toccare - raggiante sarà la tua voce

di sposalizio, di domenica.

Non saremo potenti, non lodati, accosteremo i capelli e le fronti a vivere

foglie, nuvole, nevi.

Altri vedrà e conoscerà: la forza

d’altri cieli, di pingui reintegratrici

atmosfere, d’ebbri paradossi, altri moverà storia

e sorte. A noi

le madri nella cucina fuochi poveri vegliano, dolce

legna in cortili cui già cinge il nulla colgono. Poco latte

ci nutrirà finché stolti amorosi inutili

la vecchiezza ci toglierà, che nel prossimo campo le mal fiorite aiole

prepara e del cuore

i battiti incerti, la pena e l’irreversibile stasi.

II

Ma tu conoscerai del mio sorriso l’implorazione ferma

nei millenni come una ferita, io del tuo l’alba a ogni alba. Germoglio lieve ti conoscerò:

quanto aprirai, quanto ci appagherai di lievi avvenimenti.

Droghe innocue, bufere di marzo; orti d’iridi e di cera, sinecure

per menti e mani molli d’allergie; letture su pulviscoli d’estati,

letture su piogge, tra spine infinite di piogge.

Talvolta Urania il vero

come armato frutto ci spezzerà davanti: massimi cieli,

voli che la notte solstiziale riattizza, gemme di remotissimi odî e amori, d’idrogeno sfolgorante fatica:

deposti qui nell’acqua di un pianeta per profili di colchici e libellule.



2

Forse alzerò fino a te le mie ciglia fino a te la mia bocca cui l’attesa alterò dire, esistere.

E anche nella terra,

domani, l’ultimo mio indizio inazzurrirà di stellati entusiasmi, di veloci convulse speranze.


Avremo lontananze capovolte specchi che resero immagini rubate fiori usciti da mura ad adorarti.

Saremo un solo affanno un solo oblio.




***

FILÒ PER IL CASANOVA DI FELLINI


L'ora illanguidisce nella cenere dello scaldino,

è l'ora di andarsene, di lasciare il calduccio del covo.

Ma dalle poche braci di quaggiù,

se i fili se i fili

del sogno e della ragione tra loro si fileranno,

lassù, nei dintorni del tirar vento di stelle

si accenderanno i nostri mille parlari e pensieri nuovi

in un parlare che sarà uno per tutti,

fondo come un baciare,

aperto sulla luce, sul buio,

davanti la mannaia piantata nel buio

col suo taglio chiaro, appena affilato da sempre.


**

COSÌ SIAMO da "IX Ecloghe"

Dicevano, a Padova, "anch'io"
gli amici "l'ho conosciuto".
E c'era il romorio d'un'acqua sporca
prossima, e d'una sporca fabbrica:
stupende nel silenzio.
Perché era notte. "Anch'io
l'ho conosciuto".
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s'affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza

E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m'avvicini.



**

Da "Vocativo"

ESISTERE PSICHICAMENTE

Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli -
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch'io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d'inferno
degli atomi e il conato
torbido d'alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.

**

Da "IX ECLOGHE"
"L'ATTIMO FUGGENTE"
"Le front comme un drapeau perdu"

Ancora qui. Lo riconosco. In orbite
di coazione. Gli altri nell'incorposa
increante libertà. Dal monte
che con troppo alte selve m'affronta
tento vedere e vedermi,
mentre allegria irrita di lumi
san Silvestro, sparge laggiù la notte
di ghiotti muschi, di ghiotte correntie.
E. E, puro vento, sola neve, ch'io toccherò tra poco.
Ditemi che ci siete, tendetevi a sorreggermi.
In voi fui, sono, mi avete atteso,
non mai dubbio v'ha offesi.
Sarai, anima e neve,
tu: colei che non sa
oltre l'immacolato tacere.
Ravvia la mia dispersa fronte. Sollevami. E.
E' questo il sospiro che discrimina
che culmina, "l'attimo fuggente".
E' questo il crisma nel cui odore io dico:
sì, mi hai raccolto
su da me stesso e con te entro
nella fonte dell'anno.






**

NEL MIO PAESE

da "Dietro il paesaggio"

Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero;
al di là della piazza e della salvia rossa
si ripara la pioggia
si sciolgono i rumori
ed il ridevole cordoglio
per cui temesti con tanta fantasia
questo errore del giorno
e il suo nero d'innocuo serpente

Del mio ritorno scintillano i vetri
ed i pomi di casa mia,
le colline sono per prime
al traguardo madido dei cieli,
tutta l'acqua d'oro è nel secchio
tutta la sabbia nel cortile
e fanno rime con le colline

Di porta in porta si grida all'amore
nella dolce devastazione
e il sole limpido sta chino
su un'altra pagina del vento.

***

PERCHÈ SIAMO da "Dietro il paesaggio"

Perché siamo al di qua delle Alpi
su questa piccola balza
perché siamo cresciuti tra l’erba di novembre
ci scalda il sole sulla porta
mamma e figlio sulla porta
noi con gli occhi che il gelo ha consacrati
a vedere tanta luce ed erba

Nelle mattine, se è vero
Di tre montagne trasparenti
mi risveglia la neve;
nelle mattine c’è l’orto
che sta in una mano
e non produce che conchiglie,
c’è la cantina delle formiche
c’è il radicchio, diletta risorsa
profusa alle mie dita
a un vento che non osa disturbarci

Ha sapore di brina
la mela che mi diverte,
nel granaio s’adagia un raggio amico
ed il vecchio giornale di polvere pura;
e tutto il silenzio di musco
che noi perdiamo nelle valli
rende lento lo stesso cammino
lo stesso attutirsi del sole
che si coglie a guardarci
che ci coglie su tutte le porte

O mamma, piccolo è il tuo tempo,
tu mi vi porti perch’io mi consoli
e là v’è l’erba di novembre,
là v’è la franca salute dell’acqua,
sani come acqua vi siamo noi;
senza azzurra sostanza
vi degradano tutte le sieste
cui mi confondo e che sempre più vanno
comunicando con la notte

Né attingere al pozzo né alle alpi
né ricordare come tu non ricordi:
ma il sol che splende come cosa nostra,
ma sete e fame all’ora giusta
e tu mamma che tutto
sai di me, che tutto hai tra le mani

Con la scorta di te e dell’erba
e di quella lampada precaria
di cui distinguo la fine,
sogno talvolta del mondo e guardo
dall’alto l’inverno del nord.

***

DIETRO IL PAESAGGIO

da "Dietro il paesaggio"

Nei luoghi chiusi dei monti
mi hanno raggiunto
mi hanno chiamato
toccandomi ai piedi.

Sulle orme incerte delle fontane
ho seguito da vicino
e senza distrarmi
le tenebre tenere del polo
ho veduto da vicino
le spoglie luminose
gli ornamenti perfettissimi
dei paesi dell'Austria.

Hanno fatto l'aria tutta fresca
di ciliegi e di meli nudi
hanno lasciato soltanto
che un piccolo albero crescesse
sua soglia della sua tristezza
hanno lasciato fuggire in un riverbero
un tiepido coniglio di pelo.

Per le estreme vie della terra caduta
assistito da giorni tardi e scarsi
discendo nel sole di brividi
che spira da tramontana.

***

 

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