GIOVANNI PASCOLI - l’aquilone – Angela Cardile
C'è qualcosa di nuovo
oggi nel sole,
anzi d'antico: io vivo
altrove, e sento
che sono intorno nate
le viole.
Son nate nella selva
del convento
dei cappuccini, tra le
morte foglie
che al ceppo delle
querce agita il vento.
Si respira una dolce
aria che scioglie
le dure zolle, e visita
le chiese
di campagna, ch'erbose
hanno le soglie:
un'aria d'altro luogo e
d'altro mese
e d'altra vita: un'aria
celestina
che regga molte bianche
ali sospese...
sì, gli aquiloni! È
questa una mattina
che non c'è scuola.
Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e
d'albaspina.
Le siepi erano brulle,
irte; ma c'era
d'autunno ancora
qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche
fior di primavera
bianco; e sui rami nudi
il pettirosso
saltava, e la lucertola
il capino
mostrava tra le foglie
aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo
in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda
da una balza
la sua cometa per il
ciel turchino.
Ed ecco ondeggia,
pencola, urta, sbalza,
risale, prende il
vento; ecco pian piano
tra un lungo dei
fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il
filo dalla mano,
come un fiore che fugga
su lo stelo
esile, e vada a
rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi
trepidi e l'anelo
petto del bimbo e
l'avida pupilla
e il viso e il cuore,
porta tutto in cielo.
Più su, più su: già
come un punto brilla
lassù lassù... Ma ecco
una ventata
di sbieco, ecco uno
strillo alto... - Chi strilla?
Sono le voci della
camerata
mia: le conosco tutte
all'improvviso,
una dolce, una acuta,
una velata...
A uno a uno tutti vi
ravviso,
o miei compagni! e te,
sì, che abbandoni
su l'omero il pallor
muto del viso.
Sì: dissi sopra te
l'orazïoni,
e piansi: eppur, felice
te che al vento
non vedesti cader che
gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io
mi rammento.
solo avevi del rosso
nei ginocchi,
per quel nostro pregar
sul pavimento.
Oh! te felice che
chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti
sul cuore
il più caro dei tuoi
cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben
io, si muore
la sua stringendo
fanciullezza al petto,
come i candidi suoi
pètali un fiore
ancora in boccia! O
morto giovinetto,
anch'io presto verrò
sotto le zolle
là dove dormi placido e
soletto...
Meglio venirci ansante,
roseo, molle
di sudor, come dopo una
gioconda
corsa di gara per
salire un colle!
Meglio venirci con la
testa bionda,
che poi che fredda
giacque sul guanciale,
ti pettinò co' bei
capelli a onda
tua madre... adagio,
per non farti male.