COMPLESSITA’
/ CONFLITTO SOCIALE
COMPLESSITÀ
Dalla letteratura delle
scienze sociali, psicologiche e politiche degli ultimi decenni emerge un dato costante:
il crescente riferimento alla Teoria dei Sistemi per interpretare fenomeni
politici, sociali, psicologici. Questi riferimenti il più delle volte si
caratterizzano come semplice nominalismo, ovvero un cambio di etichette.
L’utilizzazione della Teoria dei Sistemi viene utilizzata per esprimere in un
linguaggio diverso concetti che potevano essere espressi anche mediante altri
linguaggi.
In questa prospettiva la
Teoria dei Sistemi non dà di per sé spessore all’elaborazione concettuale. E in
effetti spesso i riferimenti alla Teoria dei Sistemi in sociologia, in
psicologia, in scienza politica si mantengono a livello della terminologia e
degli schemi più elementari della Teoria dei Sistemi, sono rimasti cioè esclusi
riferimenti a veri e propri teoremi, agli schemi più complessi che
caratterizzano le teorie scientifiche e matematiche dei sistemi.
Si pone quindi
l’interrogativo se questo limite derivi da cause contingenti, ovvero da un
possibile ritardo nella teorizzazione, o da cause strutturali, cioè dall’impossibilità
delle teorie dei sistemi così come sono state formulate in ambito scientifico e
matematico di costituire davvero una base interpretativa adeguata per realtà
sociali, psicologiche, politiche.
Una delle teorie
scientifiche dei sistemi spesso coinvolte in questi tentativi è la Teoria delle
Catastrofi (forse anche per il nome evocativo di interpretazioni sociologiche,
psicologiche e politiche di crisi).
Sulla base di un’analisi
dei riferimenti che sono stati effettuati alla Teoria delle Catastrofi
elaborata dal matematico René Thom nell’ambito sociologico, psicologico,
politologico si sarebbe indotti a pensare che i risultati siano deludenti e che
quindi ci sia un confine strutturale quasi invalicabile tra teorie scientifiche
e teorie psicologiche e sociali. I riferimenti alla Teoria delle Catastrofi di
René Thom infatti non sono riusciti a dare una vera consistenza di
interpretazione sociologica, psicologica, politologica. Questo modello della
Teoria delle Catastrofi è essenzialmente matematico, apre una linea di sviluppo
analitico formale, non propone un insieme di elementi adeguati per costituire
una base teorica per un’analisi cogente della realtà sociale, psicologica e
politica.
La Teoria dei Sistemi
sviluppata di Ilya Prigogine attraverso l’analisi empirica di fenomeni fisici,
chimici, ha una linea di sviluppo completamene diversa da quella
logica-matematica di René Thom. La prospettiva di Prigogine appare più cogente
dal punto di vista dell’analisi sociale, più ricca di indicazioni di contenuto.
Ma anche da questa seconda sponda alla resa dei conti non sembrano venire
indicazioni adeguate: qui si verifica sostanzialmente la diversità di ambito
applicativo tra i sistemi organici e i sistemi sociali. Dalla prospettiva
disegnata da Prigogine emergono indicazioni interessanti, possibilità di
collegamento tra campo scientifico-naturale e campo sociale-culturale, ma anche in questo caso la proposta si traduce
in una trasposizione di modelli, che può essere importante dal punto di vista
formale e linguistico, ma inefficace dal punto di vista del contenuto.
Il problema del
collegamento tra teoria scientifiche di tipo fisico, matematico e teorie
sociali, psicologiche, politiche non sembrerebbe avere quindi nella Teoria dei
Sistemi la chiave di volta della propria soluzione: non è nella riduzione a
sistema delle strutture politiche e delle strutture sociali e psicologiche che
si apra una prospettiva di analisi generale di interpretazione.
Si può notare come questi
risultati deludenti rivalutino implicitamente i collegamenti tra teoria sociale
e teoria biologica che si sono sviluppati attraverso l’etologia umana: il filo
di continuità tra gli studi di Eibl-Eibesfeldt e Desmond Morris da una parte e
di Erving Goffman dall’altra è del tutto evidente e consistente.
La prospettiva teorica che
finora è stata in grado di proporre con più efficacia la Teoria dei Sistemi in
campo sociologico, psicologico, politologico è quella di Niklas Luhamnn. La coerenza rigorosa con cui Niklas Luhmann
conferisce organicità alla sua interpretazione sistemica in ogni ambito della
sfera sociale e politica (diritto, religione, amministrazione, politica,
sociologia, teoria della conoscenza, psicologia) apre una prospettiva di
importante rinnovamento. Ma anche questa teoria in verità non si spinge a
livelli molto profondi delle problematiche teoriche delle teorie scientifiche
dei sistemi, neppure Luhmann affronta modelli e schemi complessi delle teorie
sistemiche di ambito scientifico. La teoria di Niklas Luhmann in effetti più
che alle categorie della Teoria dei Sistemi fa riferimento al funzionalismo,
ovvero alla teoria da cui Luhmann ha preso avvio nei suoi studi sociologici. La
stessa categoria di “complessità”, che costituisce l’emblema più avanzato della
teoria di Luhmann, viene utilizzata in termini non riconducibili a un approccio
scientifico sistemico: Luhmann parla di aumento della complessità interna al
sistema come indicatore evolutivo necessario per fronteggiare l’aumento della
complessità rispetto al suo ambiente; ma l’evoluzione di un sistema non può identificarsi tout court con
un aumento di complessità, l’evoluzione di un
sistema si colloca nell’ambito di un aumento di complessità con precise
caratteristiche qualitative, con definiti limiti funzionali relativi alle situazioni
che si determinano per il sistema: un aumento generale e qualsiasi di
complessità interna al sistema potrebbe portare a un sovraccarico di
complessità e all’indebolimento
dell’efficienza del sistema fino a un suo possibile blocco. Non sempre o addirittura
quasi mai il “Più” è sempre meglio del “Meno”: c’è sempre un valore ottimale al
di là del quale tutto diviene tossico: l’ossigeno, il sonno, la psicoterapia,
la filosofia e quindi anche la complessità. Sia le variabili biologiche che
quelle sociologiche hanno sempre bisogno di equilibrio. Spingere tali
variabili, compresa quella della complessità, oltre l’equilibrio, oltre il
confine in cui l’equilibrio è ancora possibile è deleterio per il sistema,
qualsiasi sia la sua natura.
Una possibile soluzione
per superare l’impasse in cui cade questo uso generalizzante, e spesso
generico, della categoria di “complessità” è l’introduzione dei concetti di
“mappa” e di “intensità di informazione”
come presenza relativa di informazione nei simboli e nei messaggi comunicativi.
Sotto questa prospettiva diventa adeguato indicatore di evoluzione positiva di
un sistema quello che segnala in alcuni casi non una maggiore complessità ma
una semplificazione: in effetti la capacità di interpretare e di fronteggiare
la complessità di un ambiente non passa tout court attraverso un aumento
qualsiasi di complessità, ma certamente attraverso un aumento dell’intensità di
informazione e di conoscenza tale da fornire migliori strategie di
sopravvivenza e di modifica dell’ambiente.
Questa prospettiva
centrata sui concetti di “mappa” e di “intensità di informazione” e in generale
sulla Teoria dell’Informazione indica un possibile proficuo collegamento tra
teorie scientifiche e teorie sociali forse più produttivo rispetto a quello offerto
dalla Teoria dei Sistemi e dalla Teoria delle Catastrofi.
Niklas Luhmann attraverso
la metodologia del funzionalismo sistemico si propone di rinnovare l’approccio
teorico allo studio delle società: le interazioni sociali vanno studiate per
Luhmann come interazioni tra sistemi, i concetti di specie, popolazione,
totalità, uomo, vanno definitivamente abbandonati per assumere una sociologia
basata sul rapporto sistema-ambiente.
“Sistema sociale – scrive
NIklas Luhmann - è una connessione fornita di senso di azioni sociali, che si
riferiscono tra sé e si lasciano delimitare da un universo di azioni non
relative a quella connessione”.
Sistema per Luhmann è
un’entità di azioni che si mantiene costante in un ambiente complesso e
mutevole attraverso la stabilizzazione di confini interno-esterno.
“Invece della razionalità
puramente interna di un ordinamento privo di contraddizioni – scrive Luhmann –
la problematica è quella del mantenimento di un sistema in un ambiente
complesso. I sistemi sono unità operative sensibili nei confronti
dell’ambiente, in grado di elaborare e di compensare gli stimoli che ad essi
provengono dall’ambiente”.
Nei sistemi aperti la
dinamica dell’evoluzione verrebbe allora determinata dalla differenza di
complessità tra sistemi; la complessità continuamente in aumento spinge
all’approfondimento della differenziazione funzionale; tutti i sistemi vengono
sottoposti a un continuo adattamento e adeguamento a livelli superiori di
complessità.
In questa Teoria
Sociologica dei Sistemi Aperti il singolo individuo per Luhmann, dato che non è
parte del sistema (sistema di azioni), è un suo ambiente. Essendo un sistema di
azioni, il sistema sociale non comprende il singolo individuo: individuo e
società sono l’uno per l’altro portatori di complessità.
In una teoria che dichiara
di avere come oggetto della propria analisi i sistemi, l’individuo assume ruoli
diversi a seconda delle diverse unità d’azioni in cui si viene a trovare: le
procedure.
Da una lettura critica
della teoria di Luhmann emerge come tale analisi sociologica sistemica rimandi
implicitamente a un meccanismo elementare di fondo che sottende l’argomentare
teorico: il raggiungimento e il mantenimento della sicurezza.
L’approccio sociologico
sistemico muove dalla rilevanza essenziale dell’insicurezza che nasce dalla
complessità sociale. I sistemi devono per Luhmann rispondere al bisogno di
ordine, di prevedibilità funzionale e quindi di sicurezza.
La contrapposizione
sistema-ambiente, la problematica della complessità, della sua degenerazione,
in Luhmann rimandano alla contrapposizione secolare nella storia della cultura
tedesca tra Kultur, intesa come sfera sociale, e Natur, intesa come suo
ambiente: la Natur si configura sempre con i caratteri di minacciosità,
imprevedibilità, la Kultur al contrario con i caratteri di ordine, di
organicità.
Il problema implicito
quindi, che rende cogente un’adozione della Teoria dei Sistemi in sociologia,
in psicologia e in politologia, appare il problema della sicurezza:
l’insicurezza motiva la regolazione necessaria e continua della complessità, ne
regola tempi e obiettivi. Stato di necessità in un ambiente ostile che non
permette un agire libero ed efficace, questa è la situazione nella quale si
trova ad agire il sistema, che è obbligato a diventare sempre più complesso.
In questa assunzione del
bisogno di sicurezza come bisogno fondante della dinamica psicologica e sociale
c’è un’assunzione interpretativa che rimanda a una scelta di fondo, in Luhmann
tale scelta si colloca al di là di ogni analisi storica dell’evoluzione di una
particolare specifica società e si pone su un piano universale di fondazione di
bisogni in tutte le società, della “società” in generale.
La teoria sistemica di
Luhamn è riconducibile quindi a un’ipotesi di sviluppo di un processo di razionalizzazione
della società in uno stato di crisi: il senso sistemico è il riconoscimento
teorico della condizione di crisi. Tale teoria è coerente con una
configurazione sociale in cui si realizzino necessità considerate oggettive di
controllo sugli spazi sociali e sui modelli di comportamento. I sistemi
funzionano da trait d’union tra crisi e bisogno di sicurezza: di fronte alla
crisi, la sicurezza viene massimamente garantita da un’organizzazione sistemica
che impone comportamenti e strutture stabilmente costituite di azione e di
esistenza.
Jurgen Habermas di fronte
a tale quadro sociologico propone invece la riaffermazione del soggetto come
entità fondante per la realizzazione della comunità di comunicazione e per la
legittimazione delle istituzioni.
Niklas Lumann organizza
l’efficienza, il funzionamento sistemico, e prospetta un modello sociale che
subordina e accantona le interazioni fondate su processi discorsivi e
comunicativi rispetto alle esigenze di efficienza e di struttura di sistemi
decisionali.
Jurgen Habermas prospetta
un modello sociale che pone come riferimento imprescindibile la comunicazione
tra soggetti.
Si può notare come nelle
Teorie scientifiche dei Sistemi il tema della stabilità-sopravvivenza del sistema venga a riferirsi a una base
strutturale inequivocabile, mentre in sociologia un riferimento altrettanto
preciso e universale di cosa sia il nucleo concettuale
stabilità-sopravvivenza-evoluzione per un sistema non esiste, o meglio esiste
ma è diverso a seconda dell’approccio ideologico prescelto. Le società non
riproducono mai la “nuda vita”, ma una vita sociale, culturale, socialmente
definita: non si possono identificare i presupposti universali per la pura
stabilità dei sistemi sociali senza fare riferimento a uno specifico modello su
cui e rispetto al quale costruire cultura, politica, convivenza sociale,
comunicazione. I criteri della “vita” e della “sopravvivenza”, come anche della
“stabilità” di un sistema sociale non sono estranei a presupposti più o meno
impliciti, a un modo sociale di produzione e riproduzione socialmente
determinato. La trasposizione di schemi sistemici dalla biologia alla
sociologia impone il passaggio da criteri universalmente riconosciuti a criteri
con una valenza e un peso ideologici.
Non è un caso che la
categoria di “aspettativa” assunta da Luhmann come base dell’agire sociale
coincida con il nucleo che la teoria microeconomica e macroeconomica di
mercato, quella che viene assegnata all’agire dell’individuo.
La razionalità sistemica
si configura quindi come razionalizzazione e stabilizzazione di una determinata
configurazione di rapporti sociali: la riduzione di complessità è alla resa dei
conti l’assorbimento e la neutralizzazione del conflitto. La problematica della
complessità può essere ricondotta alla prospettiva che assume come dato di
fondo la pericolosità del conflitto, visto come complessità incontrollata e
irrisolta, di fronte alla quale i sistemi amministrativi, politici, sociali,
religiosi svolgono funzioni di garanzia, di stabilità, di sicurezza.
bibliografia:
René Thom “Modelli
matematici della morfogenesi” Einaudi
Ilya Prigogine “La
nuova alleanza” Einaudi
Irenäus
Eibl-Eibesfeldt “Amore e odio” Mondadori
Desmond Morris “La
scimmia nuda” Bompiani
Niklas
Luhmann-Jurgen Habermas “Teoria della società o tecnologia sociale”
EtasKompass
Niklas Luhmann
“Potere e complessità sociale” Saggiatore
Erving Goffman
“Asylums” Einaudi
Jurgen Habermas “La
crisi della razionalità nel capitalismo maturo” Laterza
Paolo Borsoni
“Democrazia e potere nelle società complesse” Ila Palma
Paolo Borsoni “Ai
margini del silenzio. Ricerca di ecologia della comunicazione” Ianua